In un mondo che cambia troppo in fretta, riscoprire le nostre radici è l’unico modo per guardare al futuro con orgoglio e sicurezza. L’identità non è nostalgia: è resistenza, è visione.


Oggi più che mai, parlare di identità sembra quasi una provocazione. In un tempo dominato dal pensiero unico, dal globalismo senza volto e da un multiculturalismo che pretende di cancellare le differenze, rivendicare l’importanza della propria storia, della propria cultura e dei propri valori è un atto rivoluzionario. Ma è anche un dovere. Perché senza identità non c’è popolo, senza popolo non c’è nazione, e senza nazione non c’è futuro. Difendere l’identità significa difendere noi stessi, la nostra libertà e la nostra civiltà.


Viviamo in un’epoca in cui l’identità viene messa continuamente in discussione. Ci dicono che dobbiamo essere “cittadini del mondo”, che le tradizioni sono retaggi superati, che la cultura di un popolo può essere messa sullo stesso piano di qualsiasi altra, come se tutto fosse intercambiabile. Ma non è così. Un albero senza radici si spezza al primo vento. E una società senza identità si dissolve nel caos.

L’identità non è chiusura, è consapevolezza. Non è odio per l’altro, ma amore per ciò che si è. È la coscienza di appartenere a qualcosa di più grande: una storia millenaria, una lingua, dei costumi, una terra che ci ha generati. È ciò che ci distingue, che ci rende unici, che ci dà dignità. Difendere l’identità vuol dire custodire quel patrimonio che ci è stato trasmesso dai nostri padri e che dobbiamo consegnare ai nostri figli.

Chi vuole distruggere l’identità lo fa perché sa che un popolo senza radici è facilmente manipolabile. Non è un caso che proprio in nome del “progresso” si cerchi di cancellare simboli, feste, religione, confini. Ci vogliono individui isolati, sradicati, consumatori senza appartenenze, privi di riferimenti. Ma una vera destra sa che la libertà parte dal riconoscersi: nella propria famiglia, nella propria comunità, nella propria nazione.

Essere italiani, essere europei, essere cristiani: non sono etichette, sono eredità. Non sono esclusive, sono inclusive di una storia che ci ha forgiati. Tornare a parlare di identità significa tornare ad essere protagonisti del proprio destino, orgogliosi della propria cultura e capaci di difenderla.

L’identità è anche un baluardo contro l’omologazione culturale imposta dalle élite globaliste. È un’arma di resistenza contro chi vuole annullare la sovranità, cancellare la memoria e imporre modelli estranei alla nostra civiltà. Per questo ogni battaglia per la famiglia, per la scuola, per la lingua, per i confini, è una battaglia per l’identità. E quindi per la libertà.

L’identità non è un concetto del passato. È l’unica strada per affrontare il futuro con solidità. Solo chi sa chi è, può sapere dove vuole andare. E solo un popolo che conosce la propria anima può risollevarsi, anche nei momenti più difficili.

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